La tecnica dei 6 cappelli di De Bono consente di organizzare il nostro modo di pensare in maniera più produttiva, affrontando un aspetto alla volta.
Quante volte abbiamo partecipato a riunioni inutili e interminabili, o ci siamo chiesti come rendere più produttivo il nostro pensiero e quello delle persone con cui lavoriamo?
Questa tecnica ci offre una soluzione molto interessante, rendendoci protagonisti di un divertente gioco di ruolo.
Indice
LA TECNICA DEI SEI CAPPELLI DI DE BONO
Edward de Bono è stato uno psicologo noto in tutto il mondo per i suoi studi sul pensiero creativo e sui meccanismi della mente. Ha collaborato con università quali Oxford, Cambridge e Harvard, e con diverse aziende, tra cui IBM, Total, Montedison, Coin.
Secondo la sua teoria, la maggiore difficoltà che si incontra nel pensare è la confusione, perché tentiamo di dare spazio a troppe cose alla volta: emozioni, informazioni, logica, aspettative, creatività. Nel suo libroSei cappelli per la mente, De Bono propone un concetto molto semplice, che consente al pensatore di fare una cosa alla volta, riuscendo così a separare le emozioni dalla logica, la creatività dalle informazioni, e così via. Il concetto è quello dei «sei cappelli per pensare».
Come funziona la tecnica dei 6 cappelli per pensare? Ogni cappello rappresenta un certo tipo di pensiero. Si decide quale dei sei cappelli mettere in un determinato momento e poi si recita la parte indicata da quel cappello. Quando si cambia cappello, si cambia ruolo.
A COSA SERVONO I SEI CAPPELLI DI DE BONO?
L’uso della tecnica dei cappelli svolge delle importanti funzioni nell’ambito del problem solving:
- Definisce la parte da recitare. Indossare un costume ci consente di difendere la nostra identità nell’esplorare quel ruolo
- Dirige l’attenzione. I sei cappelli sono per l’appunto un mezzo per dirigere l’attenzione su sei diversi aspetti del problema.
- Esprime convenienza. Il simbolo dei sei cappelli costituisce una maniera molto conveniente per chiedere ad altri, o a noi stessi, di cambiare registro. Si può richiedere di essere negativi o di smettere di esserlo; di essere creativi, o di esprimere una reazione puramente emotiva.
- Stabilisce le regole del gioco. I sei cappelli per pensare stabiliscono alcune regole per questo «gioco» del pensiero, che consente di eseguire una mappa, distinguendola dalla discussione.
COS’È LA TEORIA DEI CAPPELLI?
Ogni cappello per pensare ha il suo colore, che non è causale. Infatti, il colore di ciascun cappello è legato anche alla sua funzione.
- Il cappello bianco. Il bianco è un colore neutro e oggettivo: questo cappello riguarda fatti e dati oggettivi.
- Il cappello rosso. Il rosso suggerisce emozioni forti: questo cappello fornisce il punto di vista emotivo.
- Il cappello nero. Il colore nero è cupo: questo cappello nero copre gli aspetti negativi, cioè il perché una cosa non può essere fatta.
- Il cappello giallo. Il giallo è un colore solare: questo è un cappello da ottimista e comprende la speranza e i pensieri positivi.
- Il cappello verde. Il verde evoca l’immagine dell’erba, di vegetazione e di crescita fertile e abbondante: questo cappello indica la creatività e il prodursi di nuove idee.
- Il cappello blu. Il blu è un colore freddo, ed è il colore del cielo, che tutto sovrasta. Questo cappello è connesso al controllo e all’organizzazione del processo di pensiero, quindi anche all’uso degli altri cappelli.
Vediamo ora il gioco dei cappelli colorati nel dettaglio.
IL CAPPELLO BIANCO
Chiedere di pensare col cappello bianco è un buon modo per chiedere che fatti e cifre siano esposti in maniera neutra e oggettiva, mirando solo ed esclusivamente ai fatti e senza introdurre opinioni personali.Il pensatore col cappello bianco enuncia affermazioni neutre: mette in tavola semplici «ingredienti» che non possono essere usati a sostegno di questo o quel punto di vista.
Esiste uno spettro della verosimiglianza che va da «sempre vero» a «mai vero». Tra i due estremi vi sono dei gradi intermedi come «in generale», «a volte», «occasionalmente». Informazioni di questo tipo possono essere fornite col cappello bianco, se provviste di una «cornice» appropriata che indichi il loro grado di verosimiglianza.
Mi chiedi di dirti perché cambio lavoro e di dirtelo col cappello bianco. Il salario non è migliore. Non ci sono maggiori opportunità di guadagni extra. La distanza da casa è uguale. Le possibilità di carriera sono le stesse. Il tipo di lavoro è identico. In termini di cappello bianco non posso dirti altro.
Pensare col cappello bianco aiuta quindi il pensatore a separare nettamente i fatti da estrapolazioni e interpretazioni. Per intenderci, è un cappello difficile da indossare per un politico 😄
IL CAPPELLO ROSSO
Il cappello rosso autorizza a esprimere emozioni, aspetti non razionali del pensiero, sentimenti che vanno dalla semplice sensazione al presentimento, senza la necessità di doverli giustificare.
È infatti opinione comune che le emozioni ostacolino il pensiero: un buon pensatore dovrebbe essere freddo, distaccato, obiettivo e non influenzabile da fattori emotivi. In realtà, le emozioni sono una componente essenziale dei processi cerebrali, e non di certo un’intromissione o un residuo del nostro stadio animale.
Chi si rende conto di quanto sia importante esprimere le emozioni connesse a un certo problema, troverà nel cappello rosso uno strumento per legittimare queste emozioni e per farle rientrare nella mappa finale, senza il timore di far scatenare gli animi. Probabilmente nessuno ammetterebbe mai di opporsi alla promozione di un collega per invidia: ecco che un esplicito riferimento al cappello rosso ci offre una soluzione.
Mi metterò il cappello rosso e riconoscerò che la mia opposizione alla promozione di Anne può essere in parte dovuta all’invidia.
Bisogna sottolineare che ognuno di noi può decidere di mettere il cappello rosso anche nell’intimità della propria mente, per far uscire fuori le nostre reali emozioni di fronte ad una situazione. Inoltre, può essere utile perrivolgere richieste dirette ad altri, come ad esempio: «Mettiti il cappello rosso e dimmi cosa ne pensi della mia proposta» oppure «Ho l’impressione di non piacerti. Vorrei una risposta da cappello rosso.»
IL CAPPELLO NERO
Quando indossa il cappello nero, la negatività può e deve regnare sovrana. Molti di noi si sentiranno perfettamente a proprio agio 😏
Col cappello nero dobbiamo fornire ragioni logiche e pertinenti, mai emotive. Serve infatti a mettere in lucele ragioni per cui una cosa è destinata a fallire, i rischi, i pericoli, i difetti e i problemi che potrebbero sorgere in futuro. Può inoltre aiutare a mettere in evidenza errori di procedura e di metodo nello svolgimento del pensiero.
C’è il rischio che un aumento dei salari accresca i costi di produzione e ci metta fuori gioco.
Concentrandosi esclusivamente sulla negatività, il cappello nero di fatto la limita. Si può ad esempio chiedere a un pensatore di levarsi il cappello nero, rivolgendogli quindi un invito chiaro e preciso a uscire dal binario della negatività: «Per tutta la riunione non hai fatto altro che pensare col cappello nero. È l’unico che sai indossare?»
Va sempre tenuto presente che il cappello nero non si indossa per sostenere una tesi piuttosto che un altro, ma solo per mettere in luce degli aspetti negativi. Una volta emersi, il pensiero col cappello nero non è fatto per risolvere i problemi. A questo penseranno gli altri cappelli.
IL CAPPELLO GIALLO
Il pensiero col cappello giallo riguarda la positività e l’ottimismo. Richiede molta disciplina, perché non è sempre facile trovare subito dei lati positivi. Ma non dobbiamo fidarci troppo della percezione immediata delle cose. Possono esservi cose di grandissimo valore positivo che non risultano affatto evidenti a prima vista, e per questo si indossa il cappello giallo.
Il pensatore deve quindi fare del suo meglio per trovare quante più ragioni possibili a sostegno della sua dichiarazione di ottimismo. Per prima cosa vanno individuati i possibili vantaggi. Poi si cercano le ragioni a sostegno, per rafforzare la proposta. Se questo sostegno logico non viene fornito nell’ambito del cappello giallo, non ci sarà modo di fornirlo altrove!
Il cappello giallo mi fa ritenere che l’omelette sarebbe un ottimo articolo da fast food. Tra le ragioni a sostegno di quest’idea, posso ricordare l’attenzione alla dieta e la preferenza per i cibi leggeri. Potrei aggiungere che essendo meno diffusa l’abitudine di mangiare uova a colazione, c’è spazio per le uova in altre occasioni.
Il pensiero col cappello giallo è animato da un forte spirito di speranza che si sforza di individuare possibili guadagni e benefici. Appena ne scorge uno, prende a esplorare in quella direzione. Questo può portare al «potenziamento» di una proposta e al suo sviluppo, facendo quindi un passo in avanti rispetto alla semplice valutazione dell’idea iniziale.
Si tratta di dare inizio a un’ulteriore costruzione. La proposta viene modificata, migliorata e potenziata. In quest’azione di perfezionamento compiuta dal pensiero col cappello giallo, rientra anche la correzione degli errori individuati col cappello nero.
IL CAPPELLO VERDE
Il cappello verde ha la specifica funzione di produrre nuove idee e nuovi modi di vedere le cose. Indossare questo cappello cici consente di entrare nel ruolo creativo, facendoci sentire autorizzati a formulare anche idee provocatorie e illogiche.
Qualcuno di noi si riterrà sicuramente uno spirito poco creativo. Può infatti succedere che anche dopo aver indossato il cappello verde non ci venga nessuna idea, ma a mano a mano che ci abituiamo ad adottare deliberatamente il pensiero creativo, la produzione di idee aumenta e il pensiero creativo diventerà un elemento formale del processo mentale, smettendo di essere un lusso concesso a pochi talentuosi.
Nel cappello verde è fondamentale il movimento. Il pensatore parte da un’idea, che è servita per raggiungerne una nuova. L’essenziale è ricordarsi che si tratta di andare avanti, di procedere con un’idea o da un’idea. Cosa c’è di interessante in quest’idea? Cosa c’è di diverso? Che cosa suggerisce? Dove conduce? Domande come queste fanno parte del metodo del movimento.
«È stata avanzata la proposta di lavorare il sabato, con un giorno libero infrasettimanale, diciamo il mercoledì. Vorreste valutarla col cappello verde, per favore?»
«Poiché nessuno vuole lavorare nei turni di fine settimana, si propone di utilizzare due distinte squadre di lavoro permanenti per il sabato e la domenica. Potrebbe sembrare un’idea impraticabile, ma proviamo a considerarla col cappello verde.»
Un altro aspetto fondamentale che fa emergere il cappello verde è la ricerca di alternative. Ma non di quelle ovvie, questo non basta. Come per andare oltre la prima soluzione, anche per superare la soglia delle alternative ovvie occorre fare uno sforzo creativo, che vada oltre il sentiero già tracciato.
IL CAPPELLO BLU
Cosa significa il cappello blu di De Bono? Il blu è simbolo del controllo, della supervisione, essendo il colore del cielo, che tutto sovrasta. Ma il blu suggerisce anche un’idea di distacco, di freddezza, di auto-controllo. Quando si indossa il cappello blu si smette di pensare all’argomento in discussione e si pensa invece al pensiero necessario all’esame dell’argomento.
Il pensatore col cappello blu è simile a un direttore di orchestra. Invita gli altri a usare i vari cappelli. Il cappello blu indica – a noi stessi o agli altri – quale degli altri cinque cappelli va indossato. Stabilisce il momento in cui occorre cambiare cappello. Se il pensiero viene visto come una procedura formale, allora il cappello blu rappresenta la funzione di controllo del protocollo.
Fare una domanda è la maniera più semplice per mettere a fuoco il pensiero. Spesso si dice che fare le domande giuste è una funzione importantissima del pensiero.
Finora non si è arrivati a nessuna conclusione. Metto il cappello blu e suggerisco di cambiare un po’ l’aria, passando per un momento al cappello rosso. Qual è la nostra effettiva reazione di fronte a questa proposta di ridurre gli straordinari?
Il pensiero col cappello blu si occupa quindi di portare alla definizione dell’obiettivo e di controllare che non ci si allontani da esso, riassumere di tanto in tanto i risultati raggiunti, e trarre le conclusioni finali.
COME UTILIZZARE LA TECNICA DEI SEI CAPPELLI DI DE BONO SUL LAVORO
Nel contesto lavorativo, i Sei Cappelli di De Bono diventano uno strumento prezioso per affrontare sfide complesse, migliorare la qualità delle decisioni e promuovere l’innovazione, consentendo ai professionisti coinvolti di esaminare obiettivamente i fatti, esprimere emozioni, identificare criticità, generare soluzioni creative, valutare i benefici e gestire il processo decisionale.
Ecco ad esempio uno schema procedurale da poter utilizzare per uscire da uno stallo decisionale:
- Si può stabilire la regola che tutti i partecipanti indossino contemporaneamente lo stesso cappello per allenarsi a sviluppare insieme lo stesso punto di vista, uno alla volta.
- Si apre e si chiude la sessione con il cappello blu, per avere il controllo su tutto il processo e decidere con quale ordine indossare gli altri cappelli.
- Si raccolgono i dati e le informazioni con il cappello bianco.
- Si lascia spazio all’emotività con il cappello rosso.
- Si indossa il cappello giallo per individuare gli aspetti positivi.
- Si passa al cappello nero per far emergere le critiche.
- Si indossa il cappello verde per dare un senso a tutto il processo, raccogliendo così le varie idee creative per rendere più proficui i meeting.
All’inizio ci sarà un po’ di resistenza perché ogni persona tenderà a ricadere nel proprio schema di pensiero. Ma con un po’ di pazienza, e prendendolo come un “gioco di ruolo”, ogni partecipante indosserà una maschera sempre diversa, senza dover difendere a tutti i costi il proprio punto di vista. Dovendo interpretare anche la visione degli altri, ognuno riuscirà a capire meglio ogni punto di vista, giungendo finalmente – e tutti insieme – alla soluzione migliore.
ALTRE GUIDE E APPROFONDIMENTI:
- Puoi acquistare il libro Sei Cappelli per pensare di Edward De Bono su il Giardino dei Libri.
- Il Senso di Appartenenza migliora la Performance Aziendale.
- Principio di Pareto: come sfruttare la regola 80 20 sul lavoro.
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Irene Aldieri
Sono l’ideatrice di CarrieraVincente.it
Nata con un amore smisurato per le parole, l’ho declinato in una Laurea in Giurisprudenza e in tanti anni di professione in ambito comunicazione, marketing e vendite.
Ho poi conosciuto Google, e non ce ne è stato più per nessuno ⭐
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